I DERIVATI DEL LEGNO

PANNELLI

Attraverso le tecniche di sfogliatura e tranciatura si ottengono fogli di legno sottili che, opportunamente assemblati, danno vita a diverse tipologie di pannelli: compensati, paniforti, pannelli sandwich e tamburati sono il risultato delle diverse modalità di unione dei fogli di legno, inoltre la necessità di risparmiare e di utilizzare ogni parte del tronco dà vita ai pannelli di particelle, di fibre e di lana di legno costituiti da frammenti di diverse dimensioni assemblati con l’uso di colle.

Questi prodotti offrono alcuni evidenti vantaggi rispetto alle Tavole di legno massello. Innanzitutto la possibilità di ottenere pannelli di notevoli dimensioni e di spessore molto diversificato (compensati, più sottili, e pannelli sandwich, più spessi), oltre che più leggeri e più resistenti (in particolare i tamburati). Inoltre i derivati presentano caratteristiche di resistenza uniformi, non più condizionate dalla direzione delle venature. A questo va aggiunta una maggiore stabilità dimensionale determinata dall’assemblaggio dei fogli che segue una logica di incrocio delle venature, dunque essi presentano una minore sensibilità alle variazioni dell’umidità atmosferica. Infine, alcuni pannelli offrono un’alta capacità coibente (in particolare quelli a base di lana di legno e quelli a base di fibra di legno).

Le principali controindicazioni relative ai derivati del legno riguardano la presenza, pressoché inevitabile al loro interno, di collanti di diversa natura e, con rare eccezioni, di tossicità accertata.

– Pannelli stratificati

1. Compensati:

il termine deriva dalla possibilità di compensare le deformazioni naturali del legno attraverso l’incollaggio a pressione di fogli di tranciato o sfogliato, paniforti, tramezzini e tamburati: particolari tipi di compensati, i paniforti sono composti da un’anima in listelli o lamelle di legno massello (pioppo, abete, o pino) rivestita sulle due facce da fogli di tranciato o sfogliato di spessore compreso tra i 10 e i 30 mm, generalmente di pioppo o betulla, disposti con venatura ortogonale rispetto ai listelli; gli spessori complessivi variano da 10 fino a 50 mm; i tramezzi o pannelli sandwich sono prodotti simili ma hanno un anima in pasta di legno pressata, schiuma di gomma, acetato di cellulosa espanso o fogli di carta ondulata; in tutti casi la parte interna funziona come isolante o pannello di irrigidimento.

Il legno compensato di piallacci presenta un potenziale elevato nella maggior parte dei criteri ecologici considerati (potenziale di riscaldamento globale, acidificazione, PEC e fotosmog). Ciò è dovuto alla quantità di risorse necessarie alla produzione dei piallacci e degli adesivi, all’uso importante di energia elettrica – che a livello europeo (UCPTE-Mix), a causa delle quantità importanti di energia elettrica di origine nucleare o termica, provoca importanti problemi ecologici e si manifesta quindi in modo negativo sul bilancio ecologico -, e ai quantitativi di adesivi utilizzati. La quantità di adesivo nel prodotto è piuttosto importante e quindi anche il suo effetto sulla valutazione globale.

2. Truciolati:

il termine indica l’utilizzo di scarti di legno finemente sminuzzati essiccati, mescolati e incollati a pressione per ottenere pannelli con elevate caratteristiche meccaniche, di basso costo, indeformabili, con minori limiti dimensionali rispetto ai compensati ma di peso unitario maggiore; gli spessori variano da 3 a 24 mm e la lunghezza è determinata in funzione delle necessità, il truciolato infatti è prodotto in nastro continuo tagliato in misure standard. Le facce dei pannelli possono essere lisce e compatte o rivestite con fogli di truciolati e di tranciato o di laminato plastico.

Il limite maggiore dei truciolati è di non poter essere assemblati con tecniche di incastro tradizionali, viti o chiodi; si sono pertanto messe a punto tecniche di assemblaggio che utilizzano elementi complementari come spigoli di massello, spine, biette, profili di plastica o alluminio e metodi di unione con caviglia e bullone; il truciolato inoltre in presenza di umidità eccessiva può gonfiarsi perdendo le sue caratteristiche meccaniche.

Rispetto alla maggior parte dei criteri ambientali, i pannelli OSB mostrano un potenziale da basso a moderato. Per PEC, risorse abiotiche e potenziale di ossidazione fotochimica, i valori sono tuttavia superiori alla media degli altri materiali a base legno. Ciò è dovuto, nel caso specifico, all’elevato fabbisogno elettrico per la fabbricazione del prodotto, che determina gravi problemi ecologici in tutta Europa (UCPTE-Mix) in virtù dei forti consumi di energia atomica e termica, che hanno un’incidenza negativa sul bilancio, e delle quantità di colla utilizzate. La percentuale di colla nel prodotto è mediamente alta e, pertanto, incide nella stessa misura sull’impatto ambientale complessivo del prodotto.

– Pannelli di fibre:

Prodotti con frammenti e cascami (abete, pioppo o faggio) ammorbiditi al vapore a 170° e opportunamente sfibrati meccanicamente con mole rotanti al fine di ottenere una massa omogenea; da ciò si ottengono diverse tipologie di pannelli utilizzando procedimenti a secco o con addizione di acqua. Si distinguono in teneri meno di 350 kg/m3, semiduri 350-800 kg/m3 o di durezza normale 800 o più kg/m3. I più comuni prendono il nome commerciale di faesite, manosite o MDF. Gli spessori variano da 2 a 11 mm e le dimensioni possono raggiungere i 5 m. Il loro utilizzo nel settore dell’ edilizia varia dalle controsoffittature e rivestimenti in genere alle casseformi.

Rispetto alla maggior parte dei criteri ambientali, il pannello di fibre mostra un potenziale molto basso. Questo è dovuto nel caso specifico al consumo ridotto di energia elettrica per la fabbricazione del prodotto. La percentuale di colla nel prodotto è eccezionalmente bassa e, pertanto, incide nella stessa misura sull’impatto ambientale complessivo del prodotto. Bisogna sottolineare in particolare il fatto che il potenziale di riscaldamento globale del pannello di fibre a bassa densità ha un valore negativo. Infatti, questo pannello mantiene intatto il “credito” per l’immagazzinamento di CO2 che tutti gli altri materiali a base legno compensano invece con l’utilizzo di colla o il consumo elevato di energia per la fabbricazione.

– Pannelli in lana di legno:

Realizzati con striscioline di legno di spessore inferiore al mm, tagliate nel senso della fibratura, impregnate con sostanze ignifughe, antiparassitarie e antiputrescenti, le strisce vengono agglomerate con materiali leganti a formare pannelli rigidi ricchi di cavità irregolari. Lo spessore varia da 1,5 a 7,5 cm e le dimensioni raggiungono i 2 m. Utilizzati solitamente per la realizzazione di controsoffittature e pareti isolanti.

 

Degradamento del legno: isotteri (termiti)

Termitaio nella savana

Le termiti sono insetti sociali che vivono in colonie molto numerose costituite da tre caste: operaie, soldati e riproduttori; il loro ciclo biologico comprende tre stadi: uovo, ninfa e adulto.

Le operaie sono sterili, attere, di colore biancastro e si occupano di tutte le attività relative al funzionamento della colonia; i soldati sono simili alle operaie, ma hanno il capo e le mandibole più sviluppati e fortemente sclerotizzati, dovendo difendere la colonia dai predatori. I riproduttori sono di dimensioni maggiori, di colore da giallo-bruno a nero e hanno due paia di ali trasparenti di uguale lunghezza; in una comunità vi sono numerosi riproduttori potenziali, ma soltanto una coppia, re e regina, sono normalmente riproduttori attivi. Se uno di essi muore ne subentra immediatamente un altro.

In Italia sono presenti due specie di termiti, Reticulitermes lucifugus della famiglia Rhinotermitidae (che provoca i maggiori danni al legno in opera) e Kalotermes flavicollis della famiglia Kalotermitidae.

Kalotermes flavicollis

Le termiti sotterranee (Reticulitermes lucifugus) necessitano di un’elevata umidità e di una temperatura moderata e quasi costante, e costruiscono il loro nido nel terreno. Esse scavano così nel sottosuolo numerose gallerie per raggiungere la superficie e le costruzioni, dove trovano le sostanze organiche, soprattutto cellulosiche, di cui si nutrono e cioè legno, carta e tessili. Le termiti digeriscono la cellulosa mediante simbionti presenti nell’apparato digerente. Se fra il nido e la fonte di nutrimento devono superare superfici esposte, esse costruiscono, con terra e frammenti di legno, gallerie (camminamenti) che mantengono il contatto con il terreno umido e proteggono le Termiti dalla luce e dall’aria.

Reticulitermes lucifugus

Questi insetti distruggono il legno scavando gallerie caratteristiche, parallele alla direzione delle fibre e poste nella zona primaticcia dell’anello annuale, che sono prive di rosume ma tappezzate da escrementi e terra. La superficie del legno rimane perfettamente integra, per cui e difficile riconoscere un attacco, che può essere individuato solo con l’asportazione dello strato superficiale del legno o con l’osservazione delle eventuali gallerie superficiali presenti nelle zone vicine al legno infestato.

Kalotermes flavicollis

Le Kalotermes flavicollis sono note anche come “termiti del legno secco“, vivono in una colonia che non raggiunge mai grandi proporzioni e possono fare il nido anche all’interno del legno. Attaccano il legno scavando gallerie nel legno primaticcio, le gallerie sono prive di rosume il quale si deposita per gravità nella parte più bassa della galleria. Infatti spesso l’indizio dell’attacco è dovuto alla presenza del materiale espulso che si accumula sulle superfici sottostanti il legno attaccato.

Degradamento del legno: coleotteri

Gli insetti coleotteri, a seconda della specie, attaccano il legno degli alberi quando sono ancora in piedi, il legno nei depositi/piazzali di stoccaggio ma anche i prodotti derivati in opera. Nei coleotteri l’insetto adulto, contrariamente a quanto talvolta si crede, è il minor responsabile dei danni causati al legno. Infatti, questi insetti durante il loro ciclo vitale subiscono una metamorfosi completa, cioè dall’uovo fuoriesce la larva che, dopo un periodo più o meno lungo a seconda della specie, durante il quale essa vive e si accresce all’interno del legno, si trasforma in pupa e successivamente in adulto o insetto perfetto; a questo punto fuoriesce attraverso un foro detto “foro di sfarfallamento“. Sono invece le larve che provocano il danno maggiore scavando nell’interno del legno gallerie più o meno lunghe e il cui diametro è in rapporto con le dimensioni della larva, le quali deprezzano il legno sia dal punto di vista estetico che da quello della resistenza meccanica.

La base essenziale per il nutrimento delle larve è costituita dalle sostanze di riserva (amidi, zuccheri), dalla cellulosa e dalle sostanze azotate. Questi insetti sfarfallano generalmente nella primavera-estate e le femmine, dopo la fecondazione, iniziano a deporre le uova nelle fessurazioni che può presentare il legno o in vecchi fori di sfarfallamento; il buono stato di conservazione della superficie lignea con eventuali finiture e la chiusura dei fori di sfarfallamento di attacchi pregressi con appositi stucchi limitano la deposizione delle uova da parte delle femmine delle nuove generazione e quindi il progredire dell’attacco.

Anobium punctatum – Stromatium fulvum

Gli insetti si insediano in prevalenza nell’alburno del legno e mentre alcune specie come Anobium punctatum e Stromatium fulvum possono vivere su un grande numero di legni, sia di Latifoglie che di Conifere, altri sono confinati a un limitato numero di specie; Hylotrupes bajulus per esempio si trova solo sui legni di Conifera (pini, abete, douglasia, larice) e Trichoferus holosericeus (Hesperophanes cinereus) solo su quelli di Latifoglia.

Hylotrupes bajulus – Trichoferus holosericeus

Altri attaccano esclusivamente legno che abbia subito un precedente attacco fungino (Xestobium rufovillosum), altri ancora, come i Lyctus spp., attaccano solamente latifoglie a vasi grandi (0,07 mm) e con un elevato contenuto di amido (> 3%). Anche l’età del legno del manufatto ha una notevole importanza: alcune sostanze come vitamine e proteine presenti nel legno con il tempo possono degradarsi, così che le larve non trovano più un nutrimento adeguato per compiere il loro normale ciclo biologico. Alcune larve appartenenti agli Anobidi possiedono nell’apparato digerente, in speciali strutture, dei simbionti che forniscono vitamine e producono gli aminoacidi necessari alla vita della larva, per cui queste possono svilupparsi normalmente anche in legni molto vecchi. I danni causati dagli insetti possono essere molto gravi, perché le larve vivono per lungo tempo (da 2 a 6 anni e anche più a seconda della specie) scavando all’interno del legno gallerie tortuose piene di rosume, che si intersecano fra loro in un fitto intreccio fino a togliere, nei forti attacchi, ogni resistenza meccanica al legno. Purtroppo molto spesso accade che ci si accorga della presenza dell’insetto soltanto quando l’attacco è già avanzato; infatti, nulla appare all’esterno fino al momento in cui le larve si trasformano in insetto perfetto, poiché esse scavano le gallerie nell’interno del legno lasciando intatto un leggero strato superficiale. I primi sintomi dell’attacco si hanno dunque soltanto dopo il primo sfarfallamento degli adulti, quando compaiono i caratteristici fori sulla superficie del legno. Tuttavia, anche allora non si può dare una valutazione esatta dell’entità del danno se non si asporta lo strato superficiale del legno, mettendo cosi in evidenza il fitto intreccio di gallerie negli strati sottostanti.

Nei legni utilizzati nelle strutture i danni maggiori sono causati dai Cerambicidi, insetti che hanno dimensioni tra 1 e 2,5 cm, caratterizzati da lunghe antenne che possono talvolta superare anche la lunghezza dell’insetto stesso. Tali insetti risultano essere i più pericolosi per le strutture lignee in opera poiché scavano gallerie che possono raggiungere anche un centimetro di diametro ed in direzione variabile rispetto alla fibratura del legno.

Cerambicidi – Hylotrupes bajulus

Tra questi Hylotrupes bajulus, detto anche Capricorno delle case, e il più diffuso; il suo habitat preferenziale è costituito dalle travi in legno di conifera dei sottotetti, la temperatura migliore per il suo sviluppo durante lo stadio larvale e tra 28°C e 30°C. Le infestazioni riscontrate in vecchi legni sono sempre esaurite, perche la larva di Hylotrupes, che non ha simbionti nel suo apparato digerente, dipende interamente per il suo sviluppo dal contenuto in azoto del legno, il cui valore nutrizionale diminuisce dopo poche decadi; attacchi in atto e di notevole entità si riscontrano invece in legni messi in opera in restauri relativamente recenti (max. 80 anni) in cui siano state effettuate massicce sostituzioni.

Trichoferus holosericeus

Meno diffusi, ma ugualmente molto rilevanti, sono i danni dovuti a , che infesta esclusivamente legni di Latifoglia quali quercia, pioppo e castagno; l’insetto adulto ha dimensioni di 1-2,5 cm, colore bruno uniformemente ricoperto da una peluria grigia, un ciclo biologico di due-tre anni in dipendenza della temperatura e dell’umidità relativa. Meno comune dei precedenti è lo Stromatium fulvum che attacca sia il legno di Latifoglia sia quello di Conifera. L’adulto, di dimensioni tra 1,8 e 2,5 cm, è interamente di colore rosso coperto di una corta ed abbondante peluria.

Stromatium fulvum

Tale insetto vive nel legno molto secco e può causare ingenti danni in quanto il ciclo biologico dura diversi anni e possono susseguirsi sulla stessa struttura diverse generazioni. Danni decisamente minori per quanto riguarda le strutture lignee, ma molto sensibili per i manufatti raccolti nelle abitazioni, nei musei o nelle chiese sono dovuti alla presenza di Anobidi. Questi sono insetti piccoli (2-9 mm), di colore che va dal rossastro al rosso-bruno, attaccano sia il legno di Latifoglia che di Conifera, preferibilmente in opera da un certo numero di anni. Il ciclo biologico varia da due a sei anni, a seconda della specie, delle condizioni climatiche e del tipo di legno.

Anobidi

Tra gli Anobidi, Anobium punctatum è molto diffuso nei manufatti, anche perché attacca indifferentemente Latifoglie e Conifere; si sviluppa a temperature ottimali di 22-23 °C ed in ambienti con umidità relativa del 50-60%, condizioni ambientali che si trovano facilmente nei musei e nelle chiese.

Anobium punctatum

Le larve possiedono simbionti che consentono loro di attaccare anche legni molto vecchi. Non dissimile da quello dell’Anobium punctatum è il comportamento del Nicobium hirtum e dell’Oligomerus ptilinoides, anche se questi ultimi sembrano sopportare temperature superiori, per cui si possono trovare nelle travi dei sottotetti. Attaccano soprattutto le Latifoglie. Occasionalmente, in manufatti che siano rimasti per lungo tempo in ambienti umidi o esposti all’aperto, si trovano danni – sempre rilevanti – dovuti a Xestobium rufovillosum, che usualmente infestano le travature dove infiltrazioni di acqua hanno provocato un degradamento fungino. Attacchi da Lictidi (Lyctus brunneus, Lyctus linearis), insetti di piccole dimensioni (3-7 mm), di colore da brunorossastro a nero, non si riscontrano mai negli oggetti di legno antico, in quanto le larve non possiedono enzimi atti a digerire la cellulosa e dipendono dalle sostanze di riserva del legno come amidi e zuccheri, che si degradano rapidamente nel tempo.

I DERIVATI DEL LEGNO – IL LEGNO LAMELLARE

E’ costituito da listelli di legno massello incollati tra loro a formare pannelli o travi di diverse dimensioni. Il procedimento costruttivo prevede l’unione di lamelle lignee, normalmente di 33 mm di spessore, incollate con adesivi sintetici ad alta resistenza, per dare forma a elementi di dimensione prestabilita. Generalmente quando si tratta di travi queste non superano i 200-220 mm di larghezza, per un’altezza che può superare i 2 metri. Il vantaggio offerto dal legno lamellare consiste nel massimizzare e uniformare le caratteristiche di resistenza meccanica del materiale attraverso una selezione che permette di scartare le parti di legname contenenti nodi e imperfezioni. Il tipo di collante utilizzato, inoltre, consente di realizzare un legame meccanico del tutto analogo per caratteristiche a quello naturale. Gli altri vantaggi del legno lamellare consistono nel presentare caratteristiche meccaniche elevate in rapporto al peso proprio degli elementi strutturali, nel ridurre le variazioni dimensionali determinate dall’umidità, offrendo la possibilità di conformare gli elementi secondo una grande varietà di profili oltre ad una facilità di collegamento mediante chiodatura, imbullonamento e incollaggio.

Il processo produttivo del legno lamellare prevede le seguenti fasi:

scelta del legname: il materiale deve essere Il più omogeneo possibile; si utilizzano legnami facilmente reperibili ed economici, generalmente l’abete rosso o, per lavorazioni speciali, il pino silvestre, il rovere o il larice; la norma di riferimento DIN 1052 fissa due categorie di legnami in funzione delle loro caratteristiche fisico-meccaniche e delle tensioni massime ammissibili; la normativa stabilisce inoltre le dimensioni massime in 60 cm2 per l’area della sezione trasversale per legni di conifera e 50 cm2 per legni di latifoglia, la larghezza massima è fissata in 25 cm e l’altezza delle lamelle non supera i 30 mm se non per elementi costruttivi diritti per i quali può arrivare a 40 mm; per le travi curve il raggio di curvatura degli elementi strutturali deve essere almeno 200 volte lo spessore delle singole lamelle;

essiccazione: avviene in modo artificiale in appositi essiccatoi e, dopo un periodo di riposo di due o tre giorni necessario ad equilibrarne il livello, l’umidità finale deve essere compresa tra il 7 e il 16%, mentre tra due lamelle adiacenti la differenza non deve superare il 4%;

controllo qualità: le lamelle subiscono due tipologie di controlli: la prima, per rilevare la presenza di sacche di umidità, prevede anche un controllo delle condizioni ambientali dei reparti di lavorazione e stoccaggio del legname; la seconda prevede la ricerca visiva di difetti (nodi, imbarcamenti, inclinazione, cipollature) e l’eventuale asportazione delle parti non rispondenti ai parametri di qualità prefissati;

giuntatura di testa: successivamente alla fresatura si procede all’unione di testa delle lamelle; il tipo di giunto trasversale più utilizzato è quello detto a pettine, a dita o a becchi che offre un’ampia superficie di incollaggio e ha pochi stridi rispetto ad altre tipologie di giunzioni;

piallatura e calibratura: la piallatura e la calibratura delle superfici da incollare consentono di ottenere piani lisci e privi di imperfezioni, condizioni necessarie alla corretta unione delle lamelle;

incollaggio e pressatura: le colle utilizzate (a base di resorcina-formaldeide, melammina-urea-formaldeide o ureaformolo) creano un legame intermolecolare tra la colla e le fibre di cellulosa e lignina, perciò la resistenza meccanica ottenuta tra due lamelle è analoga a quella delle molecole di legno; l’operazione di incollaggio avviene mediante pressatura uniforme.

Per la maggior parte dei criteri ambientali considerati, il legno lamellare mostra un potenziale moderato, tuttavia denota un elevato potenziale di acidificazione. Ciò è dovuto, nel caso specifico, all’elevato fabbisogno elettrico per la fabbricazione del prodotto, che determina gravi problemi ecologici in tutta Europa (UCPTE-Mix) in virtù dei forti consumi di energia atomica e termica, che hanno un’incidenza negativa sul bilancio, e delle quantità di colla utilizzate.

Un altro fattore determinante è il processo di essiccazione per la preparazione del segato. La percentuale di colla nel prodotto è relativamente bassa e, pertanto, incide nella stessa misura sull’impatto ambientale complessivo del prodotto.

CONFRONTO TRA DIVERSI MATERIALI PER STRUTTURE

Attualmente la maggioranza dei materiali impiegati in edilizia non sono rinnovabili. La pietra, l’acciaio , il policarbonato, il cemento armato, il titanio, ecc … sono tutti materiali riciclabili, ma non rinnovabili. Uno tra i pochi materiali rinnovabili e di largo impiego e di possibile utilizzo nelle strutture è il legno. Gli edifici in legno collegano valenze quali la conservazione delle risorse e la protezione ambientale con la rinnovabilità del materiale. In genere la maggior parte dell’energia impiegata in queste fasi proviene da fonti energetiche non rinnovabili e altamente inquinanti per immissione di anidride carbonica prodotta dalla combustione dei derivati del petrolio o del carbone. Il consumo energetico nella fase di costruzione (realizzazione e demolizione) di un edificio oscilla tra i 16 e il 18 % di quello totale necessario per tutta la sua vita, in genere stimata in ottanta anni. Il consumo energetico relativo alla costruzione oltre che depauperare risorse non rinnovabili incide sull’inquinamento ambientale. Un’analisi dell’intero ciclo di vita mirata a definire consumi e inquinamento indotto da tutte le attività svolte per la produzione del bene edilizio può dare utili indicazioni sulla scelta dei materiali da usare per una reale sostenibilità dello sviluppo. Il legno costa 1Mj/t di energia primaria di produzione contro i 4 Mj/t del calcestruzzo armato, i 60 dell’acciaio, fino ai 250 dell’alluminio. I numerosi studi sulla valutazione del ciclo di vita condotti in varie parti del mondo hanno dimostrato che i prodotti in legno offrono chiari vantaggi ambientali in ogni fase rispetto ad altri materiali da costruzione. Gli edifici in legno possono offrire minori emissioni di gas serra, minore inquinamento atmosferico, produzione di minori volumi di rifiuti solidi e minore utilizzo delle risorse ecologiche.

Università di Trento

In uno studio svolto nel Laboratorio di Progettazione Edilizia dell’Università di Trento, usando un software dedicato, si è eseguito un confronto dei costi energetici e dell’impatto ambientale di differenti edifici per comprendere e approfondire come il materiale possa influire sui costi energetici dalla realizzazione alla demolizione. A tal fine si è svolto un lavoro che ha dato la misura della differenza dell’impatto ambientale prodotto dall’uso di materiali diversi: ha messo a confronto tre edifici uguali di tre piani fuori terra, realizzati uno con lo scheletro portante in legno del tipo platform frame, uno con il sistema portante in acciaio dl tipo Steel Frame e l’altro in cemento armato. Per svolgere lo studio è stato usato il software Athena ‘s Environmental Impact Estimator sviluppato dall’ “Athena Sustainable Materials Institute” di Merrickville (Canada). Dopo la scelta degli elementi costruttivi da analizzare e la definizione delle caratteristiche dei materiali, sono stati fatti i computi metrici, quindi inseriti gli elementi costruttivi nel modello e, dopo l’elaborazione dei dati, è stata condotta l’analisi dei risultati. Sono state prese in considerazione i consumi energetici e l’inquinamento indotto durante la produzione dei materiali, la costruzione dell’edificio e la demolizione. La produzione comprendeva le fasi di estrazione del materiale, di trasporto e della lavorazione delle materie prime. La costruzione era riferita a tutti i processi relativi alla movimentazione dell’elemento costruttivo: dallo stabilimento di produzione all’arrivo in cantiere, fino alla posa in opera. Nella demolizione sono stati presi in considerazione anche il trasporto alla discarica o il riciclo. I risultati sui quali si è concentrata l’attenzione sono stati quelli relativi alle emissioni in acqua e in aria, all’impiego delle risorse energetiche e all’uso di materie prime utilizzate.

1 . Confronto legno e c.a.

Per quanto riguarda l’emissione di CO2 si e potuto verificare che le lavorazioni per il confezionamento del materiale necessario per realizzare la struttura in cemento armato producono una massa equivalente di CO2 pari a 175 t contro i 38,74 t del legno, mentre nella fase di costruzione, di gestione, di manutenzione ordinaria e di demolizione dell’ edificio le emissioni sono praticamente irrilevanti e scarsamente relazionate alla diversità dei materiali. I rifiuti solidi prodotti per la struttura di legno sono circa 4 volte superiori a quelli prodotti per la struttura in cemento armato a causa degli sfridi determinati dalle lavorazioni in opera. I rifiuti solidi del legno però sono facilmente riciclabili in oggetto d’uso. Per quanto riguarda le risorse primarie utilizzate il divario è notevole. L’uso di energia primaria utilizzata per metro quadro di costruzione in GJ/mq ovvero quella utilizzata in tutto in TJ, risulta maggiore nel caso del cemento armato che in quello del legno con valori rispettivamente pari a 4,754 GJ/m2 e 2,041 TJ nel cemento armato e 2,036 GJ/m2 e 1,028 TJ nel legno.

In conclusione si può dire che prendendo in considerazione tutte le fasi ne risulta che i valori del cemento armato rispetto a quelli del legno sono sempre superiori. In particolare l’indice di inquinamento dell’acqua è cinque volte superiore, l’indice di inquinamento dell’aria è tre volte superiore, i rifiuti solidi prodotti sono due volte superiori, l’energia consumata due volte e mezzo superiore.

2 . Confronto legno e acciaio.

Per quanto riguarda il consumo energia primaria esso è circa il 20 % in più per preparare gli elementi costruttivi in acciaio rispetto a quelli in legno, mentre durante le fasi di costruzione e di manutenzione, sostanzialmente i consumi sono analoghi. Per quanto riguarda l’emissione di gas in aria, anche in questo caso il legno dimostra la sua sostenibilità. Per quanto riguarda la quantità di rifiuti solidi il legno è penalizzato per il problema degli sfridi in cantiere. Undici volte superiore è l’indice che misura l’inquinamento dell’acqua prodotto dall’acciaio rispetto al legno.

X-Lam : Criteri di progettazione di edifici X-Lam in zona sismica

La tecnica delle costruzioni degli edifici X-Lam e la ricerca sul comportamento statico e sismico condotta soprattutto in Europa negli ultimi anni, consente ad oggi di stabilire delle regole di progettazione sia in campo statico che sismico.

Un edificio X-Lam è sostanzialmente una struttura scatolare in cui le pareti e i solai sono formati da diaframmi costituiti da pannelli di legno massiccio collegati fra loro mediante collegamenti meccanici. La concezione strutturale a scatola è quindi alla base della progettazione strutturale. Nell’ipotesi di comportamento scatolare, quando l’edificio viene investito dall’azione sismica, questa viene trasferita dagli orizzontamenti, considerati rigidi nel loro piano, alle pareti di piano in funzione della loro rigidezza. Le pareti saranno pertanto caricate da azioni orizzontali nel proprio piano e soggette, per effetto di queste ultime, ad azioni di scorrimento e sollevamento per le quali andranno verificati i corrispondenti elementi di collegamento. La deformazione di un sistema parete realizzato con pannello di legno a strati incrociati fissato con unioni meccaniche è causata principalmente dalla deformazione delle unioni meccaniche che in genere può essere nell’ordine del centimetro, mentre la deformazione a taglio del pannello resta sotto il millimetro, quindi ai fini pratici si può schematizzare il pannello infinitamente rigido nel proprio piano collegato con unioni meccaniche deformabili. Si può considerare la rigidezza di ciascuna parete proporzionale alla lunghezza della parete stessa se le connessioni, sia quelle verticali fra i singoli pannelli che compongono la parete che quelle fra pareti e solai, sono uniformemente distribuite lungo tutte le pareti a ciascun piano.

Le sollecitazioni sismiche agenti sui vari elementi strutturali possono essere calcolate per edifici rispondenti ai criteri di regolarità strutturale in pianta ed elevazione enunciati dalle Norme Tecniche per le Costruzioni, secondo un’analisi statica lineare considerando l’azione sismica agente nelle due direzioni principali ortogonali e assumendo il primo modo di vibrare dell’edificio come una distribuzione di spostamenti che aumentano in maniera lineare al crescere dell’altezza dell’edificio. Allo scopo di garantire il comportamento scatolare dell’intero organismo strutturale è necessario che non intervengano prima cedimenti per perdita di geometria locale o globale, cioè la scatola strutturale non si apra ma resti connessa.

Perciò alcune connessioni fra i diversi elementi strutturali devono essere dotate di adeguate riserve di sovraresistenza in maniera tale da rimanere sempre in campo elastico evitando eccessive deformazioni, in modo da consentire, in accordo col criterio della gerarchia delle resistenze, agli elementi e alle connessioni a comportamento duttile di dissipare l’energia trasferita dal sisma. Queste sono:

  • la connessione fra i pannelli del solaio in modo da assicurare la pressoché totale assenza di scorrimento relativo e garantire l’ipotesi di diaframma rigido;
  • la connessione fra solaio e sottostante parete in modo che ad ogni piano ci sia un diaframma rigido al quale le pareti risultano rigidamente connesse e che quindi faccia da cintura al piano;
  • la connessione verticale fra pareti che si intersecano fra loro, in particolare agli spigoli dell’edificio, in maniera che la stabilità delle pareti e dell’intera scatola strutturale risulti sempre garantita.

Gli elementi che invece sono devoluti alla dissipazione di energia attraverso un comportamento duttile e che pertanto vanno progettati, garantendo sufficienti riserve di resistenza, per le relative azioni di progetto sono:

  • le connessioni verticali fra pannelli-parete;
  • le connessioni a taglio alla base delle pareti (se opportunamente realizzati);
  • le connessioni a sollevamento (hold-down) all’inizio ed alla fine di ciascuna parete ed in corrispondenza delle aperture.

In accordo con il criterio della gerarchia delle resistenze è necessario che questi elementi siano progettati per resistere alle azioni sismiche di competenza, senza effettuare sovradimensionamenti. È quindi importante che la resistenza alle azioni orizzontali sia maggiore ai piani bassi e diminuisca ai piani alti proporzionalmente alla variazione in altezza al taglio di piano. In altre parole bisogna progettare in modo che, in linea teorica, a tutti i piani le unioni meccaniche si plasticizzino contemporaneamente.

Questi aspetto è importante sia al fine di garantire il necessario livello di duttilità e di dissipazione all’intero organismo strutturale, sia al fine di evitare sovradimensionamento di queste connessioni rispetto a quelle devolute al mantenimento del comportamento scatolare e che per questo motivo devono garantire una maggiore resistenza

SISTEMI A CONFRONTO : TELAIO vs X-LAM (terza parte)

LA PAGELLA

1) PREFABBRICAZIONE: X-LAM 9 – TELAIO 10
Si può contattare la ditta produttrice con il progetto già bello che pronto oppure affidarvisi in tutte le fasi della realizzazione, ma il risultato non cambia: arrivano in cantiere le pareti già pretagliate con i fori per porte e finestre, nel caso dell’X-Lam, oppure già preassemblate nel caso del telaio. Questo permette di risparmiare un sacco di tempo, e in poche ore la struttura portante è pronta!

2) COSTO: X-LAM 7 – TELAIO 9
Tempo risparmiato = denaro guadagnato. Anni che furono, il maggior costo di un cantiere era il materiale mentre ora è la manodopera. Chiaro che costruendo in legno si spende sì qualcosa in più per il materiale, ma lo si risparmia in tempi di posa e in attese: montare le pareti è facile e veloce, non ci sono malte o cementi che devono asciugarsi o indurirsi prima togliere i puntelli dai solai e scasserare tutto. Un risparmio non indifferente!
Se in Italia non è ancora un sistema economico come altrove, è dovuto anche alla scarsa concorrenza. Possono essere comunque convenienti le offerte “chiavi in mano” che vengono proposte di solito, ovvero senza spese impreviste (che vi assicuro sono molto spiacevoli…e frequenti!).

3) LEGGEREZZA: X-LAM 8,5 – TELAIO 10
In entrambi i casi (ancor di più con il telaio) avrete un edificio leggero. Questo non significa che sarà meno resistente, e nemmeno che vi volerà via in caso di tromba d’aria (e poi in fondo non siamo nella Tornado Valley). Pensate che alla fine il calcestruzzo deve essere così pesante e robusto per…portare se stesso, specialmente in caso di sisma! Di nuovo banalizzando, mi rifaccio al secondo principio della dinamica: maggiore è la massa, a parità di accelerazione (sismica), maggiore è la forza cui la struttura sarà sottoposta. Se il legno pesa circa un quarto del calcestruzzo a parità di volume (500-700 kg/mcontro 2500 kg/m), è facile fare i conti: una solaio tradizionale può pesare come tutto un piano realizzato in legno, ottimo quindi per le sopraelevazioni senza andare a toccare le fondazioni!

4) ANTISISMICITA’: X-LAM 10 – TELAIO 10
L’X-Lam si può definire come la miglior soluzione antisismica per edifici da 3-7 piani. Ha un comportamento scatolare, dunque potenzialmente resistente e “rigido” in tutte le direzioni, riuscendo a dissipare parte dell’energia del sisma attraverso la duttilità dei giunti in acciaio. Tuttavia anche il sistema a telaio è ottimo, per via della leggerezza: non è un mistero che dopo il terremoto in Emilia un edificio a telaio di recente costruzione non ha riportato neanche una crepa nell’intonaco, quando tutto intorno a sé c’era la devastazione.

5) ISOLAMENTO INVERNALE: X-LAM 8,5 – TELAIO 10
Un piccolo vantaggio per la parete a telaio, ma in ogni caso entrambe le soluzioni permettono, se adeguatamente coibentate, di raggiungere gli stessi standard.
L’indicatore per eccellenza (ma non l’unico) è la cosiddetta “trasmittanza“: più bassa è meglio è. Indicativamente 0,1 W/m2è il massimo verosimilmente ottenibile mentre un valore di 0,4 è ancora discreto. Una classica muratura degli anni ’80 si aggira attorno all’1. Sotto questo fronte le due soluzioni più o meno si equivalgono, ma l’X-Lam necessita di maggiore coibentazione.

6) “ISOLAMENTO” ESTIVO: X-LAM 8 – TELAIO 7
Ecco il primo svantaggio del telaio. La poca massa, che ci faceva comodo ai punti 3 e 4), ora diventa un contro. D’estate infatti, nelle zone in cui il sole batte con violenza e le pareti possono superare tranquillamente i 50° (alcuni tetti arrivano a 70°) è importante che questo calore possa essere accumulato dalla parete stessa, e ceduto lentamente durante le ore notturne (e ovviamente asportato da una minima ventilazione). In poche parole la massa “attutisce il colpo”: pensate a delle pareti in lamiera e a delle spesse pareti in sasso, e capirete subito la differenza. In gergo questa proprietà viene detta “sfasamento dell’onda termica“, si misura in ore (almeno 10-12, oltre le 16 è inutile) e non ha nulla a che fare con l’isolamento invernale. La parete X-lam certamente ha prestazioni migliori, ma un telaio adeguatamente coibentato con rasante termico riflettente può avvicinarsi sensibilmente alle prestazioni dell’X-lam.

7) ERMETICITA’: X-LAM 9 – TELAIO 8
Altro punto a sfavore del telaio (?) : nel caso dell’X-Lam potrebbe essere sufficiente nastrare le giunzioni, mentre nel caso del telaio serve il cosiddetto strato di tenuta all’aria, in poche parole una guaina che impacchetta tutto l’edificio. Due scuole di pensiero che si scontrano: da una parte c’è chi sostiene che l’ermeticità è assolutamente da ricercare nei nostri edifici, per poi raccomandare l’utilizzo della VMC (Ventilazione Meccanica Centralizzata), dall’altra parte si propende per le pareti traspiranti. L’utilizzo di un telo impermeabile all’acqua e comunque traspirante assicura una giusta ermeticità impedendo la formazione di condense interstiziali (sistema adottato da molti costruttori di case a telaio).

PUNTEGGIO FINALE: X-LAM 60 – TELAIO 64
Partendo dall’assunto che “Nel ciclo vitale di un edificio ben il 90% del costo riguarda i consumi energetici, solo l’8% riguarda la fase di costruzione e il 2% la demolizione (fonte: NPPCenter del Michigan)” dovreste chiedervi se spendete di più per il riscaldamento nel periodo invernale, oppure per la climatizzazione estiva.

Nel primo caso è più conveniente il sistema a telaio, nel secondo dovreste preferire il sistema X-Lam.

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SISTEMI A CONFRONTO : TELAIO vs X-LAM (seconda parte)

Allora: meglio il telaio o l’X-lam? 

Né l’uno né l’altro, o meglio: l’uno e l’altro. Ma la giusta risposta è “dipende”. Ecco da cosa: 

  • dalle esigenze della committenza; 
  • dal tipo edilizio da realizzare; 
  • dalla fascia climatica dove si deve realizzare l’immobile

Questi tre aspetti sono sicuramente determinanti per la scelta del sistema costruttivo per la nuova casa in bioedilizia. 

Il sistema X-LAM è più adatto per edifici multi-piano, mentre per ville unifamiliari sino a tre piani è sicuramente più indicato il sistema a telaio

L’edifico è più alto di 3 piani e presenta degli sbalzi o dei solai aperti molto ampi? ….in questo caso è preferibile stare su X-LAM 

La fascia climatica dove si deve realizzare l’oggetto edilizio è importante, in quanto, nelle zone calde, dove è importante il raffrescamento estivo dell’alloggio, probabilmente il sistema X-LAM potrebbe permettere di raggiungere gli standard con spessori minori di isolante, viste le migliori prestazioni di sfasamento rispetto al telaio, ma le nanotecnologie (rasante termico riflettente) vengono in aiuto al telaio e, grazie all’elevata riflettanza termica, annullano il gap rispetto ai pannelli x-lam; mentre in zone montane e collinari, dove è importante la difesa dal freddo, un sistema a telaio dà sicuramente garanzie maggiori per il raggiungimento di un microclima ottimale. 

Chiariti gli aspetti dei punti precedenti , se da parte vostra non esistono delle preferenze dal punto di vista del sistema costruttivo e volete ottimizzare il rapporto qualità/prezzo è preferibile utilizzare un sistema a telaio. 

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SISTEMI A CONFRONTO : TELAIO vs X-LAM (prima parte)

Durante il percorso di costruzione di qualsiasi casa in legno ad un certo punto si pone il quesito: quale sistema costruttivo vogliamo scegliere?
Premetto che il mercato si divide tra sistema costruttivo a telaio (timber frame, o framing) e sistema costruttivo a pannello (X-LAM), queste due famiglie coprono abbondantemente il 90 % di quanto ad oggi viene costruito. Non parleremo in questa valutazione dei sistemi costruttivi che hanno una percentuale ridotta, come il blockhaus , a cavicchi in legno, con mattoni di legno o con balle di paglia.
Questo non per escludere a priori tali modi di costruire , ci sono delle peculiarità costruttive che vanno rispettate ma il problema è che normalmente ci si deve sempre confrontare con costi superiori che il mercato di oggi normalmente non accetta, nonché con compromessi tecnici.


Negli ultimi anni, e specificatamente in Italia, solo i primi due sistemi hanno ricevuto un forte impulso tecnologico costruttivo per la flessibilità di applicazione e per la costante evoluzione dei codici di calcolo e delle normative, nonché per le possibilità offerte dal controllo numerico della produzione e della prefabbricazione in stabilimento.

Il telaio è composto da una struttura portante di montanti e traversi preferibilmente in abete lamellare sia per le pareti che per i solai. Le misure ed il loro passo possono cambiare a seconda delle esigenze strutturali dell’edificio. La controventatura “rigidità diagonale” di tali elementi viene garantita da due pannelli, uno interno ed uno esterno alla struttura stessa.

La qualità di tali pannelli, assieme alla qualità dei montanti e traversi, costituiscono elementi fondamentali nei confronti di vari aspetti: statica/ antisismica, acustica, resistenza al fuoco, resistenza all’acqua, sfasamento termico. All’interno del telaio viene inserito del materiale isolante
All’esterno della struttura viene applicato il cappotto, e verso il lato interno è consigliabile avere un’ intercapedine dove vengono posizionati impianto elettrico e idraulico.

Il telaio si presta molto bene ad una prefabbricazione molto “spinta”, in pratica le pareti arrivano con i serramenti montati, la parte impianti già predisposta, il cappotto montato con la prima rasatura. Questo processo garantisce normalmente qualità costruttiva elevata, tempi brevi e il minor costo.

Il sistema a pannello o X-LAM, invece, è realizzato utilizzando una struttura a strati incrociati incollati tra di loro. Andando a semplificare, per quanto concerne la metodologia del cappotto e della parte interna, si rimanda a quanto precedentemente scritto per il sistema a telaio, ma diviene indispensabile coibentare anche la parte interna delle pareti, pena una ridotta prestazione termica. Tale prodotto nella cantieristica si avvicina al sistema tradizionale di costruzione e comporta un tempo e un controllo di cantiere molto accurati.

Per quanto concerne la flessibilità architettonica di un sistema rispetto all’altro, va evidenziato che un edificio a pannelli portanti richiede meno impegno di progettazione e prefabbricazione in stabilimento rispetto ad un timber frame, ma sconta una certa rigidità di fruizione quando si tratta di operare modifiche in cantiere o movimentazioni in siti di accessibilità ridotta. 
Il comportamento sismo-resistente di entrambi è eccellente, grazie alla leggerezza del materiale, se comparato a muratura o cemento armato, sempre che venga posta attenzione alla progettazione della geometria complessiva ed alle connessioni. 
Difatti il legno, come materiale ad uso strutturale, è caratterizzato da alti rapporti tra resistenza e massa volumica, è soggetto a ridotte accelerazioni sismiche e contemporaneamente gode di una buona duttilità di sistema che garantisce la possibilità di dissipazione energetica delle azioni cicliche dovute all’evento sismico.

Sono difatti le molteplici e diffuse connessioni metalliche (viti, piatti, angolari) che garantiscono la plasticizzazione del sistema, che è in effetti costituito da singoli elementi di una materia, il legno, che è elastica. 
Il grado di duttilità dell’edificio (altrimenti detto fattore di struttura q) risulta peraltro maggiore negli edifici a telaio rispetto alle costruzioni a pannelli: infatti, dal punto di vista dissipativo, un numero elevato di collegamenti garantisce maggiore duttilità; i pannelli a telaio sono connessi da innumerevoli connessioni diffuse (chiodi o viti) tra montanti del telaio e lastre di rivestimento e sicuramente in numero molto maggiore delle connessioni reciproche tra pannelli X-lam. 
Le norme europee ed italiane premiano in questo caso la struttura a telaio con una capacità dissipativa almeno doppia di quella a pannelli portanti
 

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X-Lam : Modalità e tipologie di connessione

Prima di analizzare il comportamento sismico di questa tipologia di edifici occorre esaminare in dettaglio il processo costruttivo e le modalità di collegamento fra i vari componenti strutturali. Le strutture di fondazione vengono realizzate o con una platea o con travi rovesce in c.a. Se viene utilizzata una platea di fondazione è comunque buona norma realizzare sopra di essa un cordolo in c.a. oppure in legno di specie durabile, di altezza massima pari a 100-120 mm, per evitare il contatto diretto delle pareti di legno con la platea stessa. Il cordolo può essere evitato se le strutture di fondazione fuoriescono dal livello del terreno. In tutti i casi tra la struttura di legno e la fondazione va interposto uno strato di guaina bituminosa per evitare le trappole di umidità.

Il collegamento del piano terra alle fondazioni deve svolgere una duplice funzione: impedire che per effetto delle azioni orizzontali (vento o sisma), agenti nel piano stesso della parete e in generale su tutto l’edificio si possa verificare sia il ribaltamento che lo scorrimento rispetto alle fondazioni. Il ribaltamento viene solitamente contrastato con delle piastre angolari allungate, dette comunemente hold-down.

 

Gli hold-down vengono collegati alle pareti con chiodi o viti alle fondazioni in calcestruzzo con barre filettate in acciaio inserite in fori sigillati con malta cementizia o epossidica. Devono essere posizionati in corrispondenza dei limiti estremi delle pareti e in prossimità delle aperture. I chiodi (meglio se ad aderenza migliorata) e le viti di collegamento alla parete hanno diametri variabili di 3 ai 6 mm e le barre filettate dai 12 ai 18 mm a seconda del tipo di holddown e dei carichi in gioco.

Lo scorrimento invece può essere contrastato in vari modi, a seconda del metodo di collegamento delle pareti alle fondazioni. Nel caso di presenza di cordolo in legno, deve essere previsto un doppio collegamento del cordolo di legno alle fondazioni, realizzato sempre con barre filettate, e della parete al cordolo in legno, garantito con viti autoforanti inserite inclinate sui due lati della parete.

Nel caso invece di parete collegata direttamente al cordolo di fondazione solitamente si prevedono delle staffe angolari di acciaio collegate con chiodi o viti alle pareti e sempre con tirafondi in acciaio alle fondazioni. Per quanto riguarda le pareti, se per esigenze di trasporto e facilità di maneggevolezza e montaggio, vengono suddivise in pannelli di larghezze variabili, sono collegate tra loro con la realizzazione di giunti verticali. Questi vengono solitamente eseguiti con l’interposizione di una striscia di pannello multistrato a base di legno inserita in apposite fresature internamente alla parete o su una sua faccia. Talvolta viene anche realizzato un giunto a mezzo legno a tutta altezza.

Il collegamento avviene sempre mediante l’inserimento di viti auto-foranti o chiodi di diametro variabile in funzione dei carichi. La sperimentazione scientifica finora effettuata ha dimostrato che edifici realizzati con pareti composte da più pannelli di larghezza massima fino a 3 m e collegati verticalmente con giunti meccanici, se progettati nel pieno rispetto del criterio della gerarchia delle resistenze, dimostrano un livello di duttilità maggiore rispetto a edifici formati da pareti intere e quindi una maggiore capacità dissipativa dell’energia trasferita dal sisma.

Il collegamento fra pareti ortogonali avviene sempre mediante l’inserimento di viti auto-foranti. Occorre fare attenzione nell’inserimento delle viti ad intercettare gli strati del pannello con direzione della fibratura verticale, diversamente, l’unione diventa totalmente inefficace. La cosa migliore è realizzare il collegamento con la vite infissa con asse leggermente inclinato rispetto alla direzione del piano della parete in modo da essere assolutamente sicuri di andare a intercettare gli strati di tavole a fibratura ortogonale.

Una volta montate le pareti del piano terra è possibile posare il primo solaio. Anche per il solaio si preferisce il montaggio a pannelli, collegati fra loro con le stesse tecniche utilizzate per le pareti. Una volta realizzato il primo solaio, il processo costruttivo si ripete: ossia il primo solaio fa da piattaforma per la realizzazione dei piani successivi.

Le pareti del primo piano devono essere collegate al solaio sottostante sempre con mezzi di collegamento meccanico (piastre metalliche angolari, chiodi e viti) di presidio al sollevamento e allo scorrimento, con le stesse modalità del collegamento alle fondazioni.

In alternativa agli hold-down possono essere utilizzate delle più pratiche bande forate da collegare esternamente alla parete esterna con chiodi sia alla parete del piano inferiore che a quella del piano superiore.

La copertura può essere realizzata a pannelli oppure con metodo tradizionale, ovvero con travi principali, secondarie e sovrastante un tavolato a doppio strato incrociato o pannello a base di legno.